Pubblicato su Liberodiscrivere il 22/1/2003, sebbene in molti dubitino :-)) si tratta di un frutto della mia fantasia e non di fatti realmente accaduti... (peccato, si potrebbe dire)
Opera n°40516 di Liberodiscrivere
Bellissima giornata di sole oggi.
L’appuntamento di stamattina con il nuovo cliente è andato come meglio non poteva. La sua iniziale diffidenza si è in breve trasformata in fiducia, e uscendo dal suo ufficio non ero più io a dover
conquistare lui, ma lui a chiedermi di collaborare con la sua azienda.
Bellissimo sole oggi.
Sono quelle giornate in cui ti senti di poter conquistare il mondo, di avere in tasca le chiavi per aprire tutte le porte, in cui i tuoi passi diventano leggeri e ti sembra di volare.
Ho salutato uscendo, trattenendo a fatica un sorriso che avrebbe smascherato la mia emozione, è un cliente importante a cui stavo dietro da tempo, con pazienza l’ho corteggiato, curato, aspettando il
momento giusto per agire, e ancora una volta il mio intuito non mi ha tradito.
Passeggio un po’ prima di riprendere l’auto per tornare a Genova, l’aria è già calda di primavera, ho allentato il nodo della cravatta, in una mano la valigetta, l’altra in tasca con l’avambraccio
aperto che tiene scostata la giacca.
Ho bisogno di sfogare un po’ l’adrenalina che mi è andata in circolo, mi sento quasi un alieno nel mio corpo.
Dai, andiamo a casa è ancora molto presto faccio a tempo a cominciare subito la relazione sull’incontro e a spedirla via e-mail in serata, devo mettere nero su bianco in fretta tutte le idee che ho
in mente, delineare il progetto che ho appena abbozzato.
Sto per imboccare l’autostrada quando sul ciglio della strada una donna richiama la mia attenzione con un breve cenno. Rallento e accosto facendo attenzione nello specchietto retrovisore che non
stiano sopraggiungendo auto alle mie spalle.
La donna infila la testa decisa dentro al mio finestrino e mi si rivolge con tono un po’ sfacciato ma decisamente accattivante. Mi chiede se per caso sia diretto in direzione di Genova.
“se ti rispondessi che sono diretto proprio lì mi credi o pensi che lo dica per cogliere l’occasione?”
La donna sorride, mi guarda negli occhi e risponde: “se ti dicessi che mi fido? Mi fai salire?”
Non aspetta neppure un mio consenso, apre la portiera posteriore e posa un borsone sul sedile, quindi richiude, passa davanti all’auto apre la portiera di destra e si inginocchia sul sedile anteriore
per liberarlo della mia valigetta ed alcuni documenti che sposta a loro volta nel retro.
Io sorrido divertito, stupito da tanta disinvoltura.
E’ decisamente una bella donna, difficile darle un’età potrebbe averne 40 ben portati come averne 30 un po’ sciupati.
Non ha un filo di trucco, ma i capelli sono curati e profumati, le sopracciglia modellate, due labbra rosse anche senza rossetto, lunghe ciglia e due occhi scuri che staccano perfettamente su un viso
un po’ pallido e delicato.
Porta i blue jeans, una camicetta con polsi e colletto enormi e una giacca a quadri di lana leggera sbottonata.
Si sistema sul sedile, mi guarda e mi fa cenno di innestare la marcia e inforcare l’autostrada.
Sorrido scrollando il capo, tiro a me la leva del cambio col palmo aperto della mano e faccio scivolare la prima con un gesto che la dice tutta sul mio stato d’animo, accompagnato da un rovesciamento
degli occhi al cielo.
Resto in silenzio, raramente rimango senza parole, ma in effetti non ho avuto ancora il tempo di raccapezzarmi, e mi sembra che ogni frase in questo momento suonerebbe banale o scontata.
Lei si sta raccogliendo i capelli, abbassato lo specchietto di cortesia, sembra verificare compiaciuta il proprio aspetto, consapevole di avermi lasciato senza parole e fiera del suo facile
successo.
Ha un bel collo, le orecchie piccole e ben fatte.
Leva la giacca sbuffando e la fa volare a far compagnia al resto della roba sul sedile posteriore.
Mi guarda inclinando la testa su un lato e con un’espressione da bambina pestifera mi chiede se può levarsi le scarpe.
Io sorrido disarmato fingendo di non guardarla se non distrattamente per non distogliere lo sguardo dalla strada.
Ovviamente una risposta sarebbe stata superficiale, le scarpe sono già disposte affiancate sul tappetino.
Comincio ad annusare l’aria come un segugio con aria interrogativa.
Lei scoppia a ridere e mi da un pattone sul braccio, “cretino, ho i piedi gonfi, ho fatto due chilometri a piedi dal meccanico fino al casello, ho l’automobile in panne….. proprio oggi che devo
andare a Genova a tutti i costi…. stai tranquillo non puzzano!”
e così dicendo da una ditata accendendo l’autoradio.
Altri dieci minuti buoni in silenzio.
(Bellissima giornata di sole oggi.)
Il benessere si è impossessato di me, passo una mia mano sul volto scendendo dalla fronte sulla guancia e quindi lentamente sul collo. Pungo un po’. Allento ancora la cravatta e un paio di bottoni
della camicia, quindi col dorso della mano mi accarezzo il collo insinuandomi sotto la maglietta a pelle col le punta delle dita.
Lei sembra osservarmi incuriosita, mi sta studiando, è attenta ad ogni mio gesto, ogni mia espressione, o forse sta solo fissando il panorama alla mia sinistra, ma sento i suoi occhi addosso. Non mi
preoccupo più di tanto e continuo a guidare.
“Sono sicura che tu sai baciare benissimo, si intuisce dai tuoi gesti, dal tuo modo di guidare..”
nessuna risposta da parte mia.
Sbuffa una seconda volta, questa volta un po’ seccata per il mio mancato interessamento.
Non voglio fare il superbo o il difficile, semplicemente odio esser banale e non voglio sembrare il tipo che ci prova subito, anzi proprio non ci voglio provare, ho ancora tanta adrenalina in circolo
e i miei nervi non si sono ancora del tutto distesi.
Ad un tratto scavalcando lo spazio tra i sedili si sposta dietro di me, appoggia le braccia al mio schienale. Abbasso il parasole, la vedo nello specchio, mi sta sorridendo. Le faccio l’occhietto
ricambiando il sorriso. E’ davvero carina e simpatica, sembra che muoia dalla voglia di socializzare ed io che normalmente sono così istrione invece resto muto, forse colto impreparato dalle sue
iniziative. Mi piace accettare passivamente il gioco.
Comincia a raccontarmi dell’ultima volta che è stata a Genova molti anni fa a trovare un’amica di infanzia. Mi racconta della loro amicizia adolescenziale delle marachelle che combinavano assieme. E’
un lungo botta e risposta tra se e se inframmezzato da brevi risate e da momenti di commozione.
Mi guarda fisso nello specchietto e ogni volta che il mio sguardo incrocia il suo, sembra volerlo catturare tutto per se.
Le sue mani ora sono sulle mie spalle, mi accarezzano le braccia.
Io subisco volentieri, l’ascolto interessato, affascinato dalla sua bella voce, dal trasporto che mette nel raccontare le cose.
E mi racconta di aver lasciato appena la sera prima l’uomo con cui conviveva da tredici anni.
E’ passata da un argomento all’altro come se fossero uno la prosecuzione del precedente.
“Non sapevo dove andare. Prima di ricominciare ho pensato alla mia amica, le chiederò ospitalità per qualche giorno e mi farò aiutare da lei a riflettere come facevamo da ragazzine.”
Le chiedo se le va un caffè.
“ehi, ma allora ce l’hai la voce, certo che si, approfitto per andare anche alla toilette se ti fermi”.
Metto la freccia e siamo all’autogrill.
Risalendo in auto, le apro la porta che riaccompagno una volta che si è seduta.
“Il mio uomo non mi ha mai aperto la portiera in tanti anni”
Mi guarda come se vedesse in me un alieno, a me non pare di aver fatto nulla di insolito.
Mette la sua mano sulla mia mentre sto per innestare la retromarcia, si sporge verso di me e posa le sue labbra sulle mie.
Io non mi scosto, resto immobile, impreparato.
Abbasso gli occhi a cercare il contatto delle nostre labbra, lei ha gli occhi chiusi.
Sento il buon sapore del caffè aromatizzare il nostro bacio, risucchio un suo labbro tra le mie, le accarezzo i capelli. Lei si discosta e si siede nuovamente comoda togliendo velocemente le scarpe
questa volta senza neppure chiedere.
“grazie del caffè, e soprattutto del passaggio” mi guarda e sorride divertita. Sembra davvero felice.
Possiede una femminilità ed una sensualità che catturano.
Il viaggio riprende, cerco la sua mano.
Ora sono io a parlarle di me, lei ascolta in religioso silenzio.
Le nostre dita si intrecciano, ora nasconde la mia mano tra le sue, poi la libera e sono io a riprenderle ad accarezzarle, a stringerle, guidato anche dal coinvolgimento nel mio discorso.
Le racconto un episodio della mia infanzia, poi le parlo del mio lavoro, quindi del mio amore per la mia città, della mia passione per la musica, del rammarico di non trovare mai il tempo di suonare
la chitarra.
Ora avvicina la mia mano alle sue labbra e comincia a baciarla delicatamente.
Piccoli brividi mi percorrono le braccia, il cuore a tratti accelera e la voce ogni tanto tradisce un po’ di emozione.
Ha dell’incredibile il feeling che si è venuto a creare tra noi in così poco tempo, saranno trascorse appena due ore, forse neppure.
(Bellissima giornata di sole oggi.)
Non manca molto a Genova oramai.
Lei lascia cadere la mia mano, e per un attimo avverto un brivido di freddo.
Si volta in modo un po’ goffo verso il retro della vettura, la sento rovistare nel suo borsone e la vedo ricomparire sul suo sedile con in mano una camicetta pulita.
Lentamente comincia ad aprire bottone per bottone la camicia che indossa, quindi la sfila dai pantaloni dopo averli a loro volta allentati in vita.
Non posso fare a meno di guardarla, la cosa non sembra imbarazzarla, non sembra volermi provocare ma la sensualità dei suoi gesti sebbene delicati e naturali è coinvolgente.
Le chiedo di un piccolo tatuaggio che ha sulla spalla sinistra, e con la scusa scivolo lo sguardo sul suo corpo. Ha un bel seno raccolto in un reggiseno moderno che ne modella la forma, la pelle è
liscia senza imperfezioni e ha un buon profumo.
Sorride soddisfatta di aver catturato la mia attenzione e mi invita a guardare la strada con maggiore attenzione.
Quando mi volto nuovamente verso lei, sta già finendo di abbottonare la nuova camicia.
“dove ti lascio a Genova? Sai già dove andare?”
Non mi risponde neppure sta armeggiando col telefonino leggendo, presumo, degli sms, poi si rivolge lei a me: “mi lasci il tuo numero di cellulare ti va?”
Uscita telepass, la macchina scivola veloce fuori dall’autostrada, il tempo mi sembra esser volato e per un istante avrei voluto che per una volta il percorso fosse allungato di chilometri.
Non una coda che ci avesse consentito di stare ancora un po’ assieme, solo qualche cantiere che ci ha fatto appena rallentare.
Mi chiede di lasciarla poco più avanti vicino ad un chiosco di fiori che mi indica.
“Mando un messaggio alla mia amica che venga a prendermi qui, ti sei disturbato anche troppo, sei stato un meraviglioso compagno di viaggio”
Mi viene spontaneo tirarla a me, e cercare le sue labbra ancora una volta.
Questa volta il bacio è carico di passione.
Le nostre lingue così estranee, il suo sapore così buono, il suo respiro caldo.
E’ un bacio che dura a lungo. Altra adrenalina in circolo.
Mi separo carezzandole le labbra con le dita.
Lei insiste: “lasciami il tuo numero di cellulare ti prego, mi piacerebbe ritrovarti”
Prendo il suo cellulare e digito il mio numero direttamente sulla sua tastiera facendo squillare il mio telefono così che i rispettivi numeri possano rimanere memorizzati.
“sei davvero bellissima, spero tanto anche io di non perderti, sei speciale.”
Scendo le apro la portiera aiutandola a scendere a sua volta. Le porgo il borsone, le prendo la mano e ci guardiamo per un interminabile attimo negli occhi.
Risalgo in macchina, palmo aperto sulla leva del cambio, prima innestata.
Bellissima giornata di sole oggi.
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